DOMENICA MATTINA
La mia domenica mattina, quando non ho impegni, è composta da piccoli atti che, seppur diversi, mi accompagnano sin da bambino. Potevo dormire un po' di più, quindi la sveglia era data dallo sfaccendare di mia madre in cucina, dall'odore del caffè, dal rumore del rasoio elettrico di mio padre in bagno, e dalla grossa radio della sala che trasmetteva il classico programma della domenica. I rumori della città giungevano pigri ed ovattati. Mi trattenevo beato a letto godendomi questi rumori sino a quando la voglia della colazione non ordinava ai miei piedi di andare in cucina e di dare il mio allegro buongiorno a tutti per poi fare il consueto "bagno lungo della domenica".
Questa mattina di molti anni dopo, ancora a letto con il portatile sulle ginocchia, sento un'atmosfera simile a quella di tanti anni fa: mi sono alzato, ho dato un allegro buongiorno alla mia micia che subito inizia a fare le fusa ed ho preparato il caffè. Mancano altre presenze ed altri rumori. Sto riempiendo la vasca da bagno. C'è il sole. E' il mio onomastico (un sms di auguri me l'ha ricordato). Poi uscirò.
A COSA PENSI?
"A cosa pensi?"
Domanda classica, spesso irritante ed alla quale si risponde vagamente o con una bugia.
"Uh, niente di particolare... neanche mi rendevo conto di stare a pensare..."
Ed invece so bene in che direzione vagavano i miei pensieri, ma come dirtelo?
Un raggio di sole era entrato attraverso le persiane, aveva strisciato sul pavimento e si era arrampicato sul letto.
L'avevo seguito nel suo percorso sul tuo piede, poi lungo la gamba, sul fianco, sul seno, sino al collo.
Il collo che poco prima avevo baciato.
Ma ora hai piegato la testa e chiuso gli occhi, ed il raggio di sole è fermo sulla palpebra.
Lo osservo incantato, in attesa.
Ecco, hai aperto gli occhi ed il raggio li fa brillare di colori cangianti tra il marrone ed il verde.
Sorridi e gli occhi si stringono leggermente, il sinistro mostra una pagliuzza dorata che di solito non si nota.
Mi tiri più vicino a te e mi chiedi "A cosa pensi?".
"Uh, niente di particolare... neanche mi rendevo conto di stare a pensare...".
PARTENZE E ADDII
Sprilly guarda fuori dal finestrino del treno con aria sognante. I suoi pensieri sembrano seguire il ritmo delle ruote sulle rotaie, gli occhi fissi verso un orizzonte in corsa verso di lei, ma sempre irraggiungibile.
Io invece parlo, parlo, parlo, dico un sacco di stupidaggini per non guardare quello stesso orizzonte che mi sembra fin troppo vicino, per non associare il rumore del treno a quello dei secondi che passano ed all'inevitabile arrivo in stazione.
E quindi lo scendere dal treno.
E quindi il salutarci.
E quindi il salire su un altro treno.
E quindi proseguire in direzione opposta.
"Ma non stai mai zitto?" fa lei con un sorriso indeciso tra il divertimento e l'infastidito.
Se c'è una cosa che mi fa male più degli addii è il tempo che li precede. Dovrei godere ogni istante di quegli ultimi momenti, ma non ne sono capace: penso alla tristezza dell'addio (anche se è un arrivederci) e sono già proiettato verso il prossimo viaggio, il prossimo incontro, la prossima volta che mi dirà "Ma non stai mai zitto?".
SI PARTE DI NUOVO!
C'è chi non si muove mai di casa, chi lo fa tutti i giorni (per esempio, per lavoro), e chi, come me, viaggia molto per i motivi più disparati. Il viaggiare per lavoro non toglie nulla al piacere del viaggiare per diletto: ogni occasione è buona per partire, da solo o in compagnia. Non mi stanca mai. Se resto fermo troppo tempo divento insofferente, irascibile.
Sapete i bambini quando hanno sonno? Non ammettono mai d'averlo, ma diventano picciosi. Per me è lo stesso per la mancanza di viaggi: l'organismo richiede prepotentemente di "cambiare aria", di percepire il sottile piacere della partenza e riconosce la differenza tra lo "spostarsi" ed il "viaggiare", non lo s'inganna.
Potrei poi parlare del piacere del viaggiare unito a quello dell'incontrare, ma questa è un'altra storia...